Premessa
 
Il sottoscritto, IAGHER Francesco, nato a Roma il 24 Febbraio 1946, viene tratto in arresto il 3 aprile 2001 dalle Autorità di Monaco per riciclaggio di denaro, truffa, tentativo di truffa ed occultamento di truffa.
Negli interrogatori del 2 aprile 2001 (il fermo della Polizia avviene nelle prime ore del predetto giorno), non è presente né l’avvocato difensore, né idoneo traduttore.
Per quest’ultima assenza il sottoscritto riceve un notevole danno poiché, anche se da numerosi anni è abitante in Monaco, non parla decentemente e non comprende bene il francese, lingua alquanto ostica per le diverse interpretazioni che possono derivare da una sola parola e/o frase. In italiano ogni parola ha il suo preciso significato mentre in francese questo non è sempre attuabile e possibile.
In 409 giorni di inchiesta giudiziaria vengono effettuati solo 3 (tre) interrogatori ed in particolare il 4 ed il 16 maggio nonché il 5 ottobre 2001.
Dimostrando quasi inequivocabilmente una volontà persecutoria, il Giudice Istruttore si basa su sospetti e conduce una istruttoria tesa verosimilmente a “trovare assolutamente qualcosa” da imputare al sottoscritto.
Ecco pertanto che nascono le diffamazioni personali e sulla attività professionale, su pericolose riunioni mafiose segrete svolte a Monaco (si dimostra, ritrovando una cassetta VHS audiovisiva, che alla riunione “incriminata” hanno partecipato il Signor Ministro della Giustizia di Monaco, il Signor Ministro della Repubblica Italiana Buttiglione Rocco nonché altre personalità di spicco del Principato, con la presenza, infine, della stampa e televisione francese).
Vengono poi inviate, con arte, rogatorie internazionali e richieste di informazioni per conoscere loschi intrecci del sottoscritto, tutte ampiamente smentite dalle risposte delle Autorità di Vienne (nessun elemento di contatto con l’affare Deverini), dalle Autorità Francesi (in questo caso il Giudice Istruttore confonde il conto bancario 24349 della società “Fiduciari Ltd” con il conto bancario 16322 della società “IF Fiduciary Ltd”, addebitando al sottoscritto un reato mai commesso), dalla Autorità Italiana (che trasmetteva tutta la documentazione del fascicolo processuale ”Testa + 3” dove il nome di IAGHER non compare tra i soggetti implicati nell’indagine e non viene neanche rinviato a giudizio perché “estraneo ai fatti delittuosi”), dall’Antimafia di Roma (risponde il 13 aprile 2001 a seguito di richiesta di informazione del 5 aprile 2001, che sul conto di IAGHER “nulla emerge”).
Inutile e superfluo parlare anche delle accuse mosse dal Giudice Istruttore al sottoscritto quale persona in relazione e collegamento con la Massoneria, con la P2 di Licio Gelli, con il Grande Banditismo, con la Mafia siciliana (solo perché tra i clienti del suo studio vi sono persone di origine siciliana, calabrese, lombarda, toscana, laziale, marchigiana, pugliese, ecc. ecc.), nonostante l’Antimafia riferisce “nulla emerge” ed il Certificato dei Carichi Pendenti e il Certificato del Registro degli Indagati (rilasciati dalla Procura della Repubblica di Roma) indicano inequivocabilmente “Nulla”.
Ebbene, tutte queste accuse, anche se riprese parzialmente per “lumeggiare” negativamente lo IAGHER nella sentenza di condanna, non sono state “addebitate” al sottoscritto e non sono state inserite tra le accuse vere e proprie, così come le diffamazioni continue in ordine alla professionalità acquisita dopo anni di lavoro esercitato anche in Europa in qualità di:
• Consulente di fiducia del Consolato Generale d’Italia a Monaco;
• Membro ed arbitro della Chambre Arbitral Maritime de Monaco;
• Membro della Royal Economics Society of London;
• Membro dell’International B.A.R. Association of London;
• Consulente Sport – Ministere du Sport et de la Jeunesse in France;
• Responsabile della Commissione Sport per il Doping presso il Parlamento Europeo, per il Partito Italiano CDU;
• Già Consulente tecnico presso la Procura della Repubblica - Tribunale di Roma – e Consulente del Lavoro in ambito Territorio Nazionale Italiano,
Tutte attività autorizzate con certificazioni depositate in atti.
 
Accuse e Difese
Le accuse, quelle ancora più infamanti, che portano alla condanna del sottoscritto a QUATTRO ANNI di RECLUSIONE, 25 mila Euro di multa nonché al pagamento delle spese processuali per RICETTAZIONE DI TRUFFA, sono riportate in questo capitolo che, per facilità di consultazione, sono numerate e trascritte (complessivamente sono 22, alcune contengono più punti inseriti).
Per ogni accusa, immediatamente dopo, in un sotto-paragrafo, è indicata la Difesa dove sono citati i riscontri documentali, i verbali, gli atti giudiziari sia monegaschi sia italiani, che permettono di accertare la realtà dei fatti.
 
2.1. ACCUSA (sentenza pag. 10 rigo 4)
“Che in questo caso anche se non è stabilito che l’originario reato di truffa sia stato, a tutt’oggi, giudicato in Italia, è peraltro costante che risulta dalla richiesta di aiuto giudiziario in data 25 gennaio 1999 proveniente dalla Procura del Tribunale di Roma rilasciata alle autorità giudiziarie monegasche che un procedimento sia in corso in Italia per i fatti della truffa di cui trattasi, specialmente nei confronti di Mario Testa”.
2.1. DIFESA
In Italia, sin dal 25 gennaio 1999, è stato denunciato un reato di truffa, realizzato ai danni della Banca di Roma, Agenzia 200, notificato dai legali del suddetto Istituto di Credito ai Carabinieri del Reparto Operativo. I legali verificano una sottrazione illegale di denaro avvenuta il 4 dicembre 1998 e dopo averla scoperta avviano indagini all’interno della stessa Banca.
I successivi accertamenti svolti dalla Polizia Giudiziaria verificano l’effettivo reato di truffa e successivamente scaturisce un procedimento penale numero 29223/99 R.G. PM della Procura della Repubblica di Roma.
Le ulteriori verifiche e investigazioni, dimostrano la responsabilità di tale evento delittuoso nelle persone di:
Testa Mario, direttore della predetta agenzia 200;
Pedretti Simona, impiegata della predetta agenzia 200;
Corradi Antonio, impiegato della predetta agenzia 200;
Mangione Renato, amico del direttore di banca (che si autoaccusa, presentandosi spontaneamente alla Polizia Giudiziaria – Maresciallo dei Carabinieri ZIINO Sergio – ed al Magistrato Italiano, il 26 luglio 2001).
I suddetti vengono tutti rinviati a giudizio. (vedasi fascicolo processuale italiano depositato e pubblico)
2.2. ACCUSA (sentenza pag. 10 rigo 34)
- “Che è stato Mario Testa, direttore dell’agenzia del Banco di Roma di cui trattasi, che ha avuto l’idea di appropriarsi del denaro che si trovava su un conto in letargo aperto nel 1971 da Jospeh Desirè Mobutu”.
2.2. DIFESA
Testa Mario, Direttore dal 21 aprile 1997 dell’agenzia 200 della Banca di Roma, conosce che vi è un conto corrente acceso dal 1971 a nome Mobutu, mai movimentato.
Il predetto Testa, ideatore della truffa:
blocca il conto nel maggio del 1997;
contatta il Mangione, per aiutarlo ad avere un appoggio estero per far transitare il denaro;
convince 2 impiegati della banca per effettuare il reato.
(vedasi fascicolo processuale italiano)
2.3. ACCUSA (sentenza pag. 11 rigo 1)
- “Che Renato Mangione ha riconosciuto di aver agito insieme a Mario Testa, essendo incaricato per la parte monegasca della truffa, cioè mettere a disposizione di una società monegasca con conto bancario in grado di ricevere il bonifico elettronico proveniente dal conto Mobutu”.
2.3. DIFESA
Mangione Renato, presentandosi spontaneamente davanti ai Carabinieri e successivamente al Sostituto Procuratore dott. SERENI Andrea, per ben due volte, il 26 luglio 2001 e 12 ottobre 2001, dichiara che : l’idea della truffa nasce da un suo vecchio amico di scuola, Mario Testa, direttore della filiale 200 della Banca di Roma, che lo informa di un conto corrente, intestato a tale Mobutu, fermo da parecchi anni ; unitamente a Testa, decide di trasferire i soldi dal predetto conto corrente italiano su un conto estero ; Testa si incarica della parte inerente il trasferimento del denaro mentre lo stesso Mangione contatta lo studio Iagher per mettere a disposizione una società, la Daisy Ltd, con relativo conto corrente a Montecarlo ; IAGHER non è a conoscenza della truffa e per maggiore precisazione lo stesso IAGHER gli chiede se la somma è di provenienza delittuosa ricevendo assicurazione in senso contrario. ( vedasi fascicolo processuale italiano)
 2.4. ACCUSA (sentenza pag.11 rigo 6)
- “Che Simona Pedretti, impiegata del Banco di Roma, ha fornito aiuto ed assistenza a Testa per cambiare il nome del conto Mobutu, che è diventato W.M.O. (e non Ambasciata d’Egitto come indicato erroneamente da Pedretti)”.
2.4. DIFESA
PEDRETTI Simona, impiegata dalla Banca di Roma, rinviata a giudizio dal Tribunale per truffa, con procedimento penale 20668/99 R.G. GIP, ammette tutte le sue colpe ascritte.
Infatti, davanti al Sostituto Procuratore SERENI, il 4 ottobre 2001, dichiara quanto segue:
Il direttore Testa, appena giunto nella filiale, gli chiede chiarimenti su un conto corrente fermo ed intestato a tale Mobutu ed in seguito, venendo a conoscere che l’intestatario era deceduto, blocca il conto; Testa gli incomincia a proporre che, senza subire rischi, esiste la possibilità di trasferire il denaro su un conto estero, con la promessa di ricevere in cambio 400.000 dollari; accettando tale proposta, effettuano varie simulazioni per provare la buona riuscita dell’operazione tanto che, utilizzando il conto corrente intestato all’Ambasciata d’Egitto (conto corrente presente presso l’agenzia), si effettua un bonifico e successivamente lo storno, senza nessun problema ; dopo tale simulazione e varie prove, il 4 dicembre 1998, il direttore Testa esegue il bonifico “Mobutu” tramite la password della Pedretti, che era assente per malattia ; in data 8 gennaio 1999 la Pedretti si incontra a Montecarlo con Testa Mario nell’albergo “MIRABEAU”. Il direttore gli consegna 25.000 dollari e riferisce che per la restante somma si deve aspettare perché “a Montecarlo, per motivi di indagini di Polizia, ci sono complicazioni”. In quella stessa sede il Testa gli riferisce che i soldi sarebbero stati trasferiti su un conto di una società denominata Daisy ed in un secondo momento sarebbero stati trasferiti su un conto personale, intestato al Testa stesso.
Da accertamenti ed indagini svolte dai Carabinieri di Roma si stabilisce che:
- in data 27 novembre 1998 il conto “Mobutu” viene modificato, tramite la password di un dipendente, in “W.M.O.” (World Metereological Organization), organismo internazionale dell’ONU, operante in Italia, cliente della filiale 200 della Banca di Roma;
- in data 11 dicembre 1998 (dopo il trasferimento del denaro) viene effettuato il ripristino anagrafico del conto, che da “W.M.O.” ridiviene “Mobutu”. Tale variazione avviene tramite l’utilizzo della password M016102 appartenente a CORRADI Antonio, dipendente della banca e successivamente rinviato a giudizio.
(vedasi rapporti giudiziari dei Carabinieri contenuti nel fascicolo processuale italiano)
2.5. ACCUSA (sentenza pag. 12 rigo 22 – pag. 13 rigo 1 – pag. 13 rigo 5)
- “Atteso che questi fatti sono sufficienti a costituire il reato monegasco di truffa poiché caratterizzano da una parte le manovre fraudolente destinate a persuadere il Banco di Roma dell’esistenza di false imprese e dall’altra parte, d’una rimessa di fondi da parte del loro depositario e cioè il Banco di Roma”;
- “Che si può anche rilevare ad ogni buon conto che anche questi fatti costituiscono il reato italiano di truffa nella misura in cui essi caratterizzano l’ottenimento mediante astuzie ed artifici di un profitto ingiusto su terzi, reato previsto dall’articolo 640 del Codice Penale Italiano”.
- “Atteso che è stato obiettato invano all’udienza dall’avvocato di IAGHER che una transazione fatta in Italia fra il Banco di Roma, la Repubblica Democratica del Congo e gli eredi Mobutu avrebbe fatto scomparire qualsiasi eventuale carattere delittuoso dei fatti di cui trattasi”. 
2.5. DIFESA
In Italia è accertato il reato di truffa ai danni della Banca di Roma (vds procedimento penale numero 29223/99 R.G.PM)
Il sottoscritto IAGHER Francesco, nonostante la rogatoria internazionale trasmessa dall’Italia a Monaco e la successiva, trasmessa dal Giudice Hullin a Roma, non è stato rinviato a giudizio in Italia per il suddetto reato di cui al procedimento penale sopra indicato. In data 23 luglio 2001, presso il Tribunale Civile di Roma, viene stipulato un atto di transazione e verbale di conciliazione tra gli eredi Mobutu e la Banca di Roma Spa.. Nello stesso atto la parti convengono e stipulano un accordo che prevede la restituzione di 2.907.914 dollari dalla Banca di Roma agli eredi Mobutu. A tal proposito gli eredi Mobutu e la Repubblica Democratica del Congo dichiarano di non aver più nulla a pretendere, in sede giudiziale e stragiudiziale, rinunciando a qualsivoglia azione al riguardo del predetto contratto. L’articolo 640 del Codice Penale Italiano riferisce che “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a se o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da 6 mesi a tre anni, con la multa da lire centomila a due milioni …..”.  La truffa presuppone un soggetto che organizza il raggiro e che si procura un ingiusto profitto (Testa Mario) con il conseguente danno altrui (Banca di Roma). Lo stesso organizzatore, però, “induce taluno in errore”, e quest’ultimo sicuramente non è consapevole del reato commesso. La magistratura Italiana, intitolando il procedimento penale “Testa + 3”, individua la mente organizzatrice (Testa Mario) che , con la collaborazione di altre 3 persone, commette la truffa. Il soggetto “indotto in errore”, come si evince dall’articolo 640 C.P., è il sottoscritto che inconsapevole del raggiro si è sempre mostrato disponibile a collaborare mostrando tutta la documentazione richiesta all’Ispettore Van De Corput (a seguito della rogatoria internazionale Italiana).
L’ingiusto profitto addebitato al sottoscritto (59.000 franchi francesi), non è paragonabile ai 400.000 USD promessi da Testa alla Pedretti ed ai 540.000 USD promessi sempre da Testa a Mangione (cifre documentate dalle indagini di Polizia Giudiziaria Italiana acquisite in atti del procedimento penale di Roma). E’ possibile che aver costituito una società (il 6 gennaio 1998), aver aperto un conto corrente (il 30 novembre 1998) ed aver prestato la conseguente consulenza fiscale per una operazione già conosciuta delittuosa, possa creare un profitto di solo 59.000 franchi francesi ? Il 18 gennaio 1999 la Banca di Roma, informa telefonicamente il CFM della truffa subita ed il 20 gennaio tale notizia viene confermata ed ufficializzata con lettera, con la quale si richiede all’Istituto di Credito monegasco notizie urgenti per rintracciare il denaro sottratto (vedasi lettera in atti fascicolo processuale italiano e rapporto giudiziario dei Carabinieri ). Il CFM, nonostante le due richieste della Banca di Roma non effettua nessun accertamento e non comunica nessuna notizia né al SICCFIN, né alla predetta Banca di Roma, né alla Polizia e/o Magistratura di Monaco. L’evento delittuoso viene coperto dal CFM fino all’ottobre del 2000, data in cui arriva a Monaco la rogatoria internazionale del Procuratore SERENI di Roma. Il CFM induce in errore anche l’Ispettore Van De Corput al quale non comunica che era già a conoscenza dell’evento criminale.
(vedasi atti procedimento penale Italiano e documenti trasmessi dal CFM al predetto ispettore di Polizia).
2.6. ACCUSA (sentenza pag. 13 rigo 25 – pag. 13 rigo 28 – pag. 14 rigo 1)
- “Atteso peraltro che il reato di occultamento consiste in special modo nel fatto di detenere una cosa sapendo che essa proviene da un crimine o da un delitto”.
“Che nella fattispecie è scontato che la somma di 2.710.000 dollari proveniente dalla truffa commessa ai danni del Banco di Roma il 10 dicembre 1998 è stata trasferita sul conto Daisy Ltd che funzionava con la firma di IAGHER”
- “Che Francesco IAGHER ha allora detenuto quel denaro sul conto e poi l’ha anche utilizzato con un prelievo cassa fatto dal suo impiegato Marco Bottone (60 milioni di lire destinati a Mangione il 14 dicembre) d’un bonifico a suo favore (59.000 franchi per onorari il 15 dicembre) e con nove successivi trasferimenti indicati come “prelievo cassa” nei libri della banca ed in particolare di 5 bonifici a favore del conto 30078654 V aperto al nominativo Testa Mario presso quella stessa banca e 4 bonifici a favore del conto 30074510 R aperto al nominativo Renato Mangione in quella stessa banca”.
2.6. DIFESA
Come detto nel precedente alinea 2.5. DIFESA, il sottoscritto era inconsapevole della truffa effettuata a Roma e pertanto il conseguente reato di occultamento non può essere addebitato.
Il bonifico di 2.710.000 dollari per la Daisy Ltd viene digitato da Testa Mario il giorno 4 dicembre 1998 (vedasi denuncia Banca di Roma ai Carabinieri ) con validità 9 dicembre 1998 e non come citato in sentenza il 10 dicembre 1998. Il giorno 4 dicembre 1998 il Mangione invia un fax al sottoscritto dove riferisce di voler essere avvisato quando la somma, di cui al bonifico, transita sul conto della Daisy ed indica infine due conti correnti, il 10074466 M e il 30078654 V per ottimizzare la somma (blocchi settimanali, versamenti e prelievi per ricevere interessi bancari, obbligazioni, azioni, ecc. ).
Il 14 dicembre 1998 il sottoscritto, in base alle disposizioni del Mangione, invia un fax al CFM per autorizzare i trasferimenti:
Il 14 dicembre 568.000 $ (eseguita il 21 dicembre 1998);
Il 15 dicembre 450.000 $ (eseguita il 22 dicembre 1998);
Il 16 dicembre 450.000 $ (eseguita il 23 dicembre 1998);
Il 17 dicembre 300.000 $ (eseguita il 28 dicembre 1998);
Il 18 dicembre 392.412 $ (eseguita il 29 dicembre 1998).
Sempre lo stesso giorno preleva la somma di 60 milioni di lire italiane (circa 30.000 attuali euro), richiesta da Mangione, sul conto della Daisy.
Il 15 dicembre 1998, a seguito di regolare fattura emessa per onorari, si effettuava bonifico di 59.000 vecchi franchi francesi a favore del sottoscritto, prelevati sempre sul conto della Daisy Ltd.
Il 21 dicembre 1998 il sottoscritto invia fax al CFM per autorizzare i trasferimenti:
22 dicembre 75.000 $ (eseguita il 23 dicembre 1998);
23 dicembre 100.000 $ (eseguita il 23 dicembre 1998);
24 dicembre 100.000 $ (eseguita il 28 dicembre 1998);
26 dicembre 250.000 $ (eseguita il 29 dicembre 1998).
Il 24 dicembre 1998 l’ufficio Iagher è chiuso per ferie ed il sottoscritto il 26 parte per l’estero unitamente alla moglie, per fare rientro a Monaco il 3 gennaio 1999 (vedasi lettera Agenzia Viaggi e fascicolo fotografico).
In effetti, però, ad insaputa del sottoscritto:
Testa e Mangione il 29 e 30 novembre 1998 vengono a Montecarlo (accertamento effettuato dall’Ispettore Van De Corput) prendendo contatti con il CFM tanto che il Testa apre il 30 novembre 1998 un conto corrente individuale numero 30078654V (vedasi fascicolo processuale italiano)
Il 4 dicembre 1998 il Testa da Roma digita il bonifico a favore della Daisy, perpetrando la truffa.
Il 14 dicembre 1998 le disposizioni del sottoscritto al CFM non vengono eseguite (perché il CFM aspetta l’arrivo di Testa e Mangione a Montecarlo) ,
Il 21 dicembre 1998 il Testa ed il Mangione si recano presso il CFM e da quel momento:
Il Mangione apre un conto corrente individuale nr. 30074510R;
Il Testa ed il Mangione prelevano denari dai loro conti individuali.
(vedasi fascicolo processuale italiano e rogatoria italiana).
Il denaro, quindi, come si evince dalla cronistoria, è stato detenuto dal sottoscritto dal 9 (la comunicazione del CFM dell’arrivo del denaro arriva in ufficio il 14 dicembre) al 21 dicembre e non sono state effettuate strane movimentazioni per sottrarlo al legittimo proprietario o per occultarlo.
Gli unici ordini sono stati dati con fax e lettera (facilmente rintracciabili) e mai oralmente.
Gli stessi ordini derivano da disposizioni di Mangione che il 4 dicembre 1998 invia dettagliato fax al sottoscritto.
Tutta la documentazione è stata sempre facilmente rintracciabile ed il sottoscritto ha sempre fornito agli inquirenti tutte le informazioni in suo possesso, compreso il fascicolo in originale detenuto presso lo studio Iagher .
2.7. ACCUSA (sentenza pag. 14 rigo 16 – pag. 14 rigo 22)
- “Che la tracciabilità dei fondi oggetto di quei 9 bonifici è tanto più facilitata per il fatto che il conto Daisy Ltd aperto il 2 dicembre 1998 non conteneva denaro fino al citato trasferimento di 2.710.000 dollari e che il denaro così trasferito sui conti Mario Testa e Renato Mangione può provenire solo dai fondi truffati ai danni del Banco di Roma”.
- “Che questo punto non è contestato da Francesco IAGHER”.
2.7. DIFESA
L’apertura del conto corrente della Daisy risale al 30 novembre 1998 e non come indicato nella sentenza il 2 dicembre 1998.
Il bonifico effettuato da Testa sul conto della Daisy risale al 4 dicembre con validità 9 dicembre 1998 e pertanto non sembra che sia trascorso tanto tempo dall’apertura del conto all’arrivo del denaro così come evidenziato nella sentenza.
Il denaro trasferito da Roma e giunto a Montecarlo il 9 dicembre 1998 (la comunicazione del CFM arriva in ufficio il 14) viene ottimizzata dal sottoscritto in base a precise indicazioni fornite dal Mangione, il precedente 4 dicembre 1998).
I suddetti 9 bonifici vengono ordinati dal sottoscritto, il 14 e il 21 dicembre, con disposizioni chiare ma il CFM li esegue solo dal 21 dicembre, allorquando a Montecarlo giungono il Testa e il Mangione.
La mancata esecuzione degli ordini trasmessi al CFM dal sottoscritto presuppone un verosimile accordo preventivo tra il Direttore della Banca di Roma e funzionari del CFM tanto che il sottoscritto, inconsapevole dell’origine delittuosa della somma suddetta (che pochi giorni dopo sarebbe stata prelevata da Mangione e Testa), continua a svolgere le proprie funzioni senza rendersi conto del raggiro che è stato organizzato ai suoi danni.
2.8. ACCUSA (sentenza pag. 15 rigo 4)
“Atteso che Francesco IAGHER dichiara tuttavia aver ignorato la provenienza delittuosa del denaro, sostenendo di essere stato convinto che trattatasi al più di prodotti di evasioni fiscali italiani”.
2.8. DIFESA
Mangione Renato, nel diventare cliente del sottoscritto, sin dal gennaio 1998, riferiva di avere necessità a trasferire del denaro all’estero, a seguito di separazione legale con la moglie, per evitare che la suddetta potesse pretendere il 50% dei suoi averi. Il Mangione, proprietario di numerosi immobili quali appartamenti, negozi, terreni e una villa sita sull’Appia Antica con annesso parco di notevole estensione, veniva presentato da un noto commercialista romano che, davanti ad un Notaio, produceva una dichiarazione giurata trasmettendo una nota con l’indicazione delle varie proprietà del Mangione.
(vedasi certificazione Magnarelli depositata in atti processo 18 giugno 2002)
2.9. ACCUSA (sentenza pag. 15 rigo 21)
"Che lo stesso Francesco IAGHER aveva riconosciuto davanti alla polizia il 3 aprile 2001 che era ben cosciente di aver partecipato ad una operazione di riciclaggio di denaro”.
2.9. DIFESA
Il sottoscritto, fermato il 2 aprile 2001 ed arrestato il giorno dopo, veniva interrogato più volte dall’Ispettore TIBERTI, che parla perfettamente la lingua Italiana (ha effettuato diversi viaggi in Italia anche presso l’Antimafia). L’interrogatorio, senza la presenza di un avvocato, avveniva principalmente in Italiano e la trascrizione in Francese. Il sottoscritto, che non è un buon conoscitore della lingua francese, anche se da molti anni residente a Montecarlo, non controllava la suddetta traduzione, firmandola nella convinzione che fosse uguale alle dichiarazioni in italiano espresse precedentemente.
Solo durante il primo interrogatorio davanti al Giudice Istruttore, avvenuto il 4 maggio 2001, il sottoscritto aveva notizia dei verbali prodotti dal TIBERTI ma nonostante il disconoscimento di alcune dichiarazioni citate nei verbali, il Magistrato Inquirente non riteneva valide le motivazioni riferite dal sottoscritto, ma solo quelle dell’Ispettore di Polizia.
2.10. ACCUSA (sentenza pag. 15 rigo 25)
“Che anche se, dopo aver globalmente confermato davanti al Giudice Istruttore egli abbia ritrattato le sue dichiarazioni col pretesto di non aver capito ciò che gli si faceva firmare sostenendo di non aver padronanza con la lingua francese, rimane fermo che la Camera di Consiglio della Corte d’Appello ha con un decreto dell’11.05.2001 spazzato le obiezioni ricordando che IAGHER aveva espressamente dichiarato all’agente di polizia che lo interrogava: “leggo, parlo e comprendo il francese” e che in nessun momento aveva chiesto di essere assistito da un interprete”.
2.10. DIFESA
Nel confermare quanto riferito nel precedente alinea 2.9.DIFESA, il sottoscritto riferisce che la Camera di Consiglio della Corte d'Appello, nel suo decreto dell’11 maggio 2001, prende in considerazione un verbale redatto da un agente che parla perfettamente la lingua italiana e che interrogava in italiano per poi trascrivere le dichiarazioni in francese.
Il verbale in oggetto inoltre viene contestato dal sottoscritto poiché la firma apposta è chiaramente FALSA ed artatamente CONTRAFFATTA (D 44 pag. 2).
2.11. ACCUSA (sentenza pag. 16 rigo 7 – pag. 16 rigo 12)
- “Che è anche sintomatico il fatto che Francesco IAGHER abbia insistito durante tutto il procedimento nel dire che non conosceva Mario Testa, dichiarazione giudicata contraria a verità e che non può essere spiegata se non con la volontà che era consapevole dell’origine fraudolenta dei 2.710.000 dollari”.
- “Che dai documenti agli atti si vede come in effetti IAGHER conoscesse Testa“.
2.11. DIFESA
Il sottoscritto conferma di non conoscere TESTA Mario, Direttore della Banca di Roma, Agenzia 200. Non si comprende come tale dichiarazione, espressa in più sedi e momenti, confermata da numerosissimi testi compresa l’imputata IOTTA , che nel corso dell’interrogatorio del 18 giugno 2002, in aula, riferiva che “presupponeva” e non era certa la conoscenza tra Testa ed il sottoscritto. Non vi sono documenti agli atti, inoltre, che confermano le continue asserzioni riferite in sentenza. Solo la teste CURTI Nadia, impiegata del CFM, sottoposta alla Iotta quale suo funzionario diretto, interrogata il 7 marzo 2002, riferisce di ricordare (dopo oltre tre anni) che Mangione e Testa: si erano presentati in banca quali clienti dello studio Iagher; quando telefonavano, compariva il numero dello studio suddetto. La predetta Curti, sentita a verbale in un periodo in cui il suo capo ufficio era indiziato di riciclaggio di denaro e truffa, è stata forse spinta emotivamente a riferire quanto sopra? Voleva forse proteggere e scagionare da tutte le colpe il suo capo? Voleva forse confermare quanto asserito precedentemente dalla Iotta, che poi ha ritrattato clamorosamente durante l’interrogatorio, alla sbarra, del 18 giugno 2002? Voleva scagionare forse anche se stessa dalle omissioni commesse a seguito del mancato avviso all’Autorità Giudiziaria, del mancato avviso alla Polizia, della continua gestione del denaro provento di truffa anche dopo la comunicazione della Banca di Roma ? E’ possibile condannare una persona in base ad un solo testimone inattendibile, emotivamente coinvolto, senza considerare tutti gli altri testi?
2.12. ACCUSA (sentenza pag. 16 rigo 14)
- “Che Nadia CURTI, consulente per la clientela estera al CFM, ha dichiarato alla Polizia il 7 marzo 2002 che per lei non c’era dubbio che Testa e Mangione conoscessero IAGHER e che del resto glielo avevano precisato quando erano andati da lei in Banca per la prima volta, dichiarandole che venivano da parte dello studio IAGHER”.
- “Che quando Testa e Mangione le telefonavano in Banca, le chiamate provenivano dalla linea dello studio Iagher perché risultava così dal display del suo telefono”.
- “Che quando il 21 dicembre aveva telefonato allo studio Iagher per fargli sapere della richiesta di Testa di ritirare 100 milioni di lire sul suo conto non sufficientemente approvvigionato, lo studio le aveva confermato che stava per essere trasferito del  denaro dal conto Daisy Ltd al conto Testa e che il ritiro dei 100 milioni di lire poteva essere consentito”.
2.12. DIFESA
Nel confermare quanto riferito nel precedente alinea
2.11. DIFESA, il sottoscritto evidenzia il giorno della dichiarazione resa dalla Curti alla Polizia monegasca e cioè il 7 marzo 2002.
Dopo 1.190 giorni la teste riferisce che “per lei non c’era dubbio che Testa e Mangione conoscessero IAGHER…”, dopo 328 giorni dall’arresto del sottoscritto, la Curti viene interrogata dalla Polizia su un argomento che la riguarda molto da vicino.
Che cosa vuole nascondere? Chi vuole proteggere?
La risposta non tarda a venire.
La segnalazione fatta dalla Banca di Roma il 18 e 20 gennaio 1999 al CFM riguardante la truffa subita, non era stata comunicata a nessuno (SICCFIN, Autorità Giudiziaria, Polizia, ecc.), anzi il CFM aveva continuato a gestire i fondi (e lei era la corrispondente come si evince dagli estratti conto) di Mangione e Testa e proprio il 18 gennaio 1999 la stessa aveva autorizzato il prelievo di 230.000 dollari a Mangione dal suo conto individuale nr. 30074510 (vedasi firma della Curti sul “Bordereau d’operation” nr. 1434 datato 18 gennaio 1999).
La stessa Curti, inoltre, continuava a gestire il predetto conto di Mangione, come si evince da un estratto bancario del CFM datato 2 luglio 2000 intestato personalmente a “Monsieur Mangione – Direction Clientele Private – Zone 4 – ON – MC”.
(vedasi fascicolo processuale italiano).
La Curti, dichiara una versione dei fatti che non risponde a realtà, pertanto non è attendibile.
2.13. ACCUSA (sentenza pag. 16 rigo 30)
“Atteso che Jeanine IOTTA, incaricata della clientela italiana presso il CFM, anch’essa ha confermato che per lei Testa e IAGHER si conoscevano”.
2.13. DIFESA
IOTTA Jeanine, funzionaria del CFM, addetta alla clientela italiana presso il predetto Istituto Bancario, interrogata in aula il 18 giugno 2002, a specifica domanda dell’avvocato BERTOZZI, dichiarava che “presupponeva” la conoscenza tra IAGHER e TESTA, ritrattando le precedenti asserzioni.
2.14. ACCUSA (sentenza pag. 17 rigo 1)
“Atteso che, soprattutto, è costante che IAGHER a più riprese fra il 21 e il 29 Dicembre 1998, aveva fatto trasferire importanti somme sul conto 30078674 V di Testa presso la CFM, ciò che stabilisce con certezza una relazione fra IAGHER e Testa e ciò nonostante le dichiarazioni dell’imputato - il quale sostiene di non aver saputo chi fosse il titolare del conto 30078654 V che accreditava - e d’altra parte, le dichiarazioni degli stessi Mangione e Testa”. 
2.14. DIFESA
Il bonifico di 2.710.000 dollari per la Daisy viene digitato a Roma, da Mario Testa, il 4 dicembre 1998 con validità il 9 dicembre 1998. Lo stesso 4 dicembre il Mangione invia un fax al sottoscritto nel quale riferisce di voler essere informato quando la somma transitava e che si dovevano utilizzare due conti correnti per  i versamenti. I predetti conti correnti indicati dal Mangione erano il 10074466M e il 30078654V, e ciò presupponeva la stessa appartenenza al Mangione Renato. Il 14 dicembre 1998, ricevendo dalla Banca la conferma del bonifico, lo stesso giorno ed il 21 dicembre il sottoscritto inviava disposizioni al CFM per i trasferimenti. L’esecuzione degli ordini però non avveniva se non dal 21 dicembre, giorno in cui il Testa e il Mangione, all’insaputa del sottoscritto, giungevano a Monaco. Gli stessi prelevavano dal 21 al 29 dicembre delle forti somme  dai due conti personali.
(vedasi estratti conto contenuti fascicolo processuale italiano).
Solo dopo l’arresto, il sottoscritto è venuto a conoscenza che il conto 30078654V (indicato da Mangione con il fax del 4 dicembre 1998) era invece di Testa, persona mai conosciuta e mai frequentata.
Con la consultazione di tutto il fascicolo processuale depositato presso la Procura di Roma, acquisito dai legali del sottoscritto, è stato possibile finalmente stabilire tutti i movimenti del denaro transitato inizialmente sul conto Daisy e successivamente sui conti individuali di Testa e Mangione.
E’ importante inoltre riferire che il sottoscritto dal 24 dicembre si trovava in ferie e dal 26 è partito per l’estero per fare rientro in ufficio lunedì 4 gennaio 1999.
(vedasi lettera Agenzia Viaggi e fascicolo fotografico).
Altro punto ritenuto valido riguarda le dichiarazioni rese da Mangione e Testa.
Questi, consapevoli di aver perpetrato una truffa e di essere stati scoperti a seguito della rogatoria del Sostituto Procuratore Sereni, che accertava l’apertura di un conto bancario personale proprio del Direttore della Banca di Roma a Monaco, rendevano dichiarazioni spontanee riferendo la completa estraneità del sottoscritto nell’operazione da loro condotta e che lo stesso era stato “usato” principalmente, solamente e specificatamente, per aprire un conto corrente estero.
Tra l’altro, la somma transitata con bonifico, è stata prelevata nel giro di pochissimi giorni, personalmente da Testa e Mangione, all’insaputa e senza il minimo coinvolgimento del sottoscritto.
(vedasi “borderau d’operation” fascicolo 29223/99 R.G. PM)
2.15. ACCUSA (sentenza pag. 17 rigo 9)
“Che, a proposito del diniego di IAGHER, devesi evidenziare che l’imputato non ha spiegato per quale ragione, mentre dice di aver creduto che il conto 30074510 R e il conto 30078654 V appartenessero tutti e due a Mangione, egli abbia stimato necessario ventilare i trasferimenti fra i due conti piuttosto che trasferire tutto su un conto solo”.
2.15. DIFESA
Come più volte riferito, dopo il bonifico della somma transitata sulla Daisy, il sottoscritto eseguiva gli ordini indicati dal Mangione il 4 dicembre 1998.
In particolare nel predetto documento erano citati due conti correnti che presupponevano la stessa appartenenza al Mangione tanto che uno di questi era proprio quello della Daisy.
I conti correnti indicati erano:
10074466M (Daisy);
30078654V
e non come citato nella sentenza 30074510R e 30078654V.
Solo consultando la documentazione italiana, acquisita il 1° agosto 2002, potuta analizzare alcuni giorni dopo, si è venuti a conoscenza dell’esistenza di un ulteriore conto, il 30074510R intestato a Mangione Renato, utilizzato dallo stesso per trasferire la somma dalla Daisy, che aveva aperto il 21 dicembre 1998 (conto individuale con destinazione la stessa banca ed in particolare “Direction Clientele Privè – Zone 4 – ON”), assolutamente sconosciuto al sottoscritto.
(vedasi condizioni generali conto Mangione presso CFM presenti nel fascicolo processuale italiano).
Gli eventi si sono verificati verosimilmente secondo il disegno posto nella allegata.
2.16. ACCUSA (sentenza pag. 17 rigo 14)
“Che per quanto riguarda le dichiarazioni di Renato Mangione e Mario Testa, devesi ricordare che, come è stato evidenziato dalla Camera di Consiglio della Corte d’Appello nel suo decreto del 18 febbraio 2002, la circostanza che Renato Mangione abbia potuto affermare all’Autorità Giudiziaria Italiana che non aveva informato Francesco IAGHER della natura delittuosa dell’operazione non consente di ritenere verosimili “tenuto conto della personalità dell’avente diritto economico della società Daisy Ltd e dell’estrema gravità dell’operazione delittuosa alla quale ha partecipato i propositi da lui espressi”.
2.16. DIFESA
Il decreto emesso il 18 febbraio 2002 dalla Camera di Consiglio della Corte d’Appello, deriva da una comunicazione falsa ed accertata come tale, in cui si riferisce che Mangione è persona conosciuta sfavorevolmente dalla Polizia Italiana, con precedenti per armi (vedasi processo verbale in atti denominato D99, datato 7 maggio 2001).
Si verificava, infatti, che:
l’Ispettore TIBERTI, in data 5 aprile 2001, richiedeva alla Polizia Italiana delle informazioni ed in particolare scriveva testualmente: “attualmente abbiamo una rogatoria per riciclaggio di denaro (elemento falso) con tre personaggi. Vogliamo avere i precedenti e sapere come sono conosciuti o collegati con la mafia: Iagher Francesco, Mangione Renato, Testa Mario (dimenticando che gli altri imputati erano invece la Iotta e Casillo). Vi ringraziamo per la collaborazione ……G.T.”
la Polizia Italiana rispondeva il 13 aprile 2001, indirizzando la lettera all’attenzione dell’Ispettore G. TIBERTI in cui veniva riferito testualmente quanto segue:
"In esito a quanto richiesto con la nota in riferimento, si comunica che allo Schedario Elettronico Nazionale (è uno schedario dove sono inserite tutte le denunce e le condanne, ben conosciuto dall’Ispettore Tiberti poiché nel 2000 era stato in visita proprio presso la Polizia Italiana), ed agli atti di questa Direzione nulla emerge sul conto dei segnalati IAGHER e Testa.
Mangione Renato, sconosciuto agli atti di questa Direzione, dalla consultazione della banca dati di Polizia (il precedente schedario elettronico), annovera un unico precedente di Polizia, nel 1993, per armi.
Si rappresenta che non si è a conoscenza di successivi esiti giudiziari del suddetto precedente”
Riferiva infine la Polizia:
“Le informazioni contenute nel presente documento non possono essere, in tutto o in parte, comunicate e/o diffuse né usate in procedimenti giudiziari e/o amministrativi senza il preventivo assenso dell’Organo originatore.
L’Ispettore Principale G. TIBERTI non può addurre, a sua discolpa, che non conosce l’italiano perché nella lettera di accreditamento presso la Polizia Italiana datata 4 aprile 2000 dove il “Controleur General - Directeur de la Surete Publique – Maurice Albertin” chiede al Direttore dell’Antimafia di valutare la possibilità di ricevere per uno “stage” l’ispettore Gerard TIBERTI, si riferisce che lo stesso “parla perfettamente la lingua italiana”.
La predetta visita veniva autorizzata ed effettuata dal 18 al 29 settembre 2000 presso gli uffici di Roma e Napoli (vedasi documenti in atti).
Per quanto riguarda, infine, la denuncia per armi nel 1993 a carico di Mangione, si riferisce che effettivamente lo stesso veniva segnalato dal Commissariato Sant’Ippolito di Roma all’Autorità Giudiziaria per detenzione di armi, il 5 gennaio 1993. Da ulteriori accertamenti la Polizia verificava che Mangione, collezionista d’armi, aveva custodito nell’apposito armadio blindato (previsto dalla normativa sulle armi), due pistole che presentavano matricole difformi a quanto denunciato precedentemente dallo stesso Mangione alla Polizia di Stato. A seguito di approfonditi accertamenti effettuati dal Commissariato presso le case costruttrici delle pistole in argomento, si appurava che le difformità erano visibili, per una pistola nella culatta, per l’altra arma l’omissione della lettera “G” era da ritenersi “una mera dimenticanza”.
Di tali risultanze, il Commissariato informava il 21 settembre 1993 l’Autorità Giudiziaria che archiviava la denuncia senza procedere contro il collezionista Mangione.
I Certificati Penali e quello dei Carichi Pendenti presso la Procura della Repubblica di Roma, relativi a Mangione Renato, pertanto, risultano veritieri quando negli stessi viene apposto “NULLA”. 
Il verbale di cui sopra (denominato D99), deve considerarsi senza effetto e quindi “nullo”, per gravi difformità sostanziali.
Le dichiarazioni di Mangione sono quelle di un soggetto che, consapevole di aver perpetrato una truffa e di essere stato scoperto, rende piena confessione anche davanti al Sostituto Procuratore del Tribunale di Roma, riferendo la completa estraneità del sottoscritto che era stato contattato ed usato solo per aprire un conto estero dove la somma della Banca di Roma doveva transitare per un breve periodo.
(vedasi fascicolo processuale italiano)
2.17. ACCUSA (sentenza pag. 17 rigo 23)
“Che la stessa cosa vale per le dichiarazioni fatte da Mario Testa il 16 luglio 2001 a Roma davanti ad un legale, in virtù dell’articolo 391 del Codice di Procedura Penale Italiano, e con le quali egli pretende non conoscere Francesco IAGHER e di non essere stato mai presentato al CFM come cliente dello studio IAGHER”.
2.17. DIFESA
Analogamente a quanto riferito al precedente alinea 2.16.DIFESA, la dichiarazione di Testa Mario, resa davanti ad un legale, risulta essere quella di un soggetto consapevole di aver sbagliato e di non voler procurare un danno ad una persona che non era a conoscenza dei suoi propositi delittuosi e che non ha partecipato ad azioni criminali.
Per Testa, riferire una versione diversa dalla realtà (e quindi confermare la conoscenza con il sottoscritto) non modifica la sua posizione giuridica in Italia e non ha interessi nel non dire la verità
2.18. ACCUSA (sentenza pag. 17 rigo 28)
“Che oltre al fatto che tali dichiarazioni possono essere analizzate come un tentativo di mettere fuori causa un complice, devesi ricordare che Nadia CURTI ha precisato che quando Testa chiamava il CFM lo faceva dallo studio Iagher, ciò che consente di dubitare grandemente della sincerità delle dichiarazioni rese da Testa il 16 luglio 2001”.
2.18. DIFESA
La dichiarazione resa da Testa il 16 luglio 2001 a Roma, davanti ad un legale, in virtù dell’articolo 391 bis e ter del Codice di Procedura penale Italiano, valida proceduralmente a tutti gli effetti, non può essere analizzata come un tentativo di “mettere fuori causa un complice”.
Tale dichiarazione non sembra avere validi supporti documentali se si considerano i 3 testi dell’ufficio, le 3 dichiarazioni rese da Mangione (di cui 2 davanti ad un magistrato Italiano), le dichiarazione di IOTTA nel corso della udienza del 18 giugno 2002 dove riferisce che presupponeva la conoscenza di IAGHER e TESTA, ritrattando le precedenti dichiarazioni rese alla polizia. Tutto ciò premesso consente invece di dubitare fortemente della teste CURTI e della sua sincerità, la quale cosciente di aver omesso atti e documenti alla Polizia, dichiara false verità per coprire se ed altri. Continuando a gestire i fondi di Mangione, portava in errore anche l’Ispettore Van De Corput trasmettendogli un estratto conto diverso da quello della Daisy (numero uguale ma lettera finale differente, pertanto differente anche il proprietario del conto corrente). La stessa, con la sua condotta, intralciava le indagini a Monaco e in Italia.
(vedasi fascicolo processuale italiano)
2.19. ACCUSA (sentenza pag. 18 rigo 1 – pag. 18 rigo 6 – pag. 18 rigo 14)
- “Atteso anche che la conoscenza avuta da IAGHER dell’origine delittuosa di 2.710.000 dollari può essere dedotta dall’elaborazione da parte di questi della fattura W.M.O. del 1° dicembre 1998 che l’imputato ha ammesso davanti alla Polizia il 3 aprile 2001 che era fittizia”.
- “Che è oggi effettivamente acquisito che questa fattura emessa dalla società Daisy Ltd che verte su una commissione di 2.710.000 dollari da versare dall’ente svizzero W.M.O. è un falso”.
- “Che infatti nessuna commissione di quell’ammontare è stata dovuta dall’ente W.M.O., e ci si può anche chiedere se esso ente esista veramente”.
2.19. DIFESA
La dichiarazione del sottoscritto datata 3 aprile 2001 davanti alla Polizia nella parte dove si riferisce che la fattura W.M.O. del 1° dicembre 1998 è fittizia, non risponde a verità per le motivazioni più volte spiegate precedentemente (vedasi alinea 2.9. DIFESA).
In particolare, nonostante il disconoscimento di alcune dichiarazioni citate nel verbale, il magistrato inquirente riteneva valide quelle che gli riferiva l’Ispettore di Polizia.
Il W.M.O. (World Meteorogical Organization) è un organismo delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra, che ha un conto corrente presso l’agenzia 200 della Banca di Roma.
Come più volte citato dai Carabinieri, che hanno svolto le indagini, è un Ente che esiste effettivamente (vedasi fascicolo processuale italiano) e non come riferito nella sentenza del 9 luglio 2002.
L’emissione della fattura, in base ad espressa richiesta del Mangione, è del 1° dicembre 1998, l’apertura del conto corrente risale al 30 novembre 1998 (e non il 2 dicembre 1998 come riferito in sentenza), la costituzione della società è datata 6 gennaio 1998 e non 6 dicembre 1998.
(vedasi atti costitutivi società, Rapporto Giudiziario Carabinieri, atti fascicolo processuale italiano nella parte relativa alla Daisy)
2.20. ACCUSA (sentenza pag. 18 rigo 20 – pag. 18 rigo 26)
- “Che IAGHER, il quale pretende di aver emesso la fattura dietro richiesta di Mangione ed ammette che è stata redatta posteriormente alla sua data ufficiale del 1° Dicembre 1998, non può sostenere di non aver capito che tale presentazione potesse aver per scopo di nascondere l’origine fraudolenta allorquando afferma di essere commercialista in Italia”.
- “Che il falso era tanto più evidente per un esperto come lui, poiché quella fattura in data 1° Dicembre 1998 porta l’indicazione di un numero di conto bancario attribuito solo l’indomani, poiché è il 2 Dicembre che è stato aperto il conto Daisy Ltd presso il CFM e che la stessa società Daisy Ltd è stata creata il 6 Dicembre 1998”.
2.20. DIFESA
Quanto riferito nella sentenza (alinea precedente accusa) è completamente errato.
Il sottoscritto, detenuto dal 3 aprile 2001, solo dopo aver acquisito interamente il fascicolo processuale italiano, può dichiarare tale asserzione, con tutta la documentazione a suo supporto che può essere visionata da Codesta Spettabile Corte. Durante il processo del 18 giugno 2002 il sottoscritto non ha potuto “controbattere” con certezza all’accusa poiché i documenti, più volte richiesti, tramite l’avvocato BERTOZZI, non venivano mai consegnati. Grazie all’Autorità Giudiziaria Italiana, con apposita richiesta formulata dall’avvocato FELICI, si acquisiva il 1° agosto 2002 tutta la documentazione riguardante il procedimento penale nr. 29223/99 R.G.PM, per effetto dell’articolo 116 del Codice di Procedura Penale Italiano. Infatti, il Giudice per le Indagini Preliminari, Dott. Giovanni DE DONATO, considerava necessario, da parte del sottoscritto (per un chiaro interesse difensivo e dato il suo stato di detenzione prolungato), OTTENERE COPIA INTEGRALE DELLA CITATA DOCUMENTAZIONE ED ACCERTATO CHE LO STESSO ERA “PERSONA ESTRANEA AI FATTI”, AUTORIZZAVA LA ACQUISIZIONE. Premesso quanto sopra, dall’analisi della suddetta documentazione, si può dichiarare con estrema certezza che:
- il 6 gennaio 1998 è stata costituita la società DAISY Ltd;
- il 30 novembre 1998 è stato aperto il conto corrente della predetta società;
- il 1° dicembre è stata emessa regolare fattura.
Tale regolarità fiscale dimostra che il sottoscritto è un esperto commercialista italiano.
2.21. ACCUSA (sentenza pag. 19 rigo 22)
“Atteso così che Francesco IAGHER, di cui è stato appurato che conosceva sia Mangione che Testa, e di cui è già stato detto nella fattispecie il modo di procedere è stato radicalmente diverso da quello che praticava abitualmente per il casi di off-shore e di ottimizzazione fiscale, non poteva non essere consapevole che i 2.710.000 dollari che egli deteneva avessero origine certamente delittuosa e che aveva utilizzato fino al 3 Febbraio 1999 per realizzare vari bonifici o depositi bancari”.
2.21. DIFESA
Atteso che la conoscenza tra il sottoscritto IAGHER e Testa non è stata appurata con nessuna prova documentale e che analogamente il modo di procedere non è stato diverso dalla pratica abituale per i casi di off-shore e di ottimizzazione fiscale, è stato più volte riferito che il sottoscritto non era a conoscenza e consapevole dell’origine delittuosa di cui al bonifico Daisy.
L’utilizzo del deposito bancario, giunto il 9 dicembre a Monaco (la conoscenza in ufficio è arrivata solo il 14 dicembre tramite lettera CFM), era stato preannunciato da un fax di Mangione del 4 dicembre 1998 dove indicava precise modalità per la gestione della predetta somma. Il 14 e il 21 dicembre 1998 il sottoscritto iniziava la gestione “virtuale” della somma perché gli ordini impartiti non venivano eseguiti dal CFM (poichè probabilmente vi erano stati contatti preliminari tra il Testa e funzionari addetti alla clientela italiana). Solo quando il Testa e il Mangione giungono a Monaco, gli ordini vengono eseguiti permettendo agli stessi il prelievo (dal 21 al 29 dicembre 1998). Il sottoscritto non poteva pertanto gestire i soldi perché tra l’altro, erano transitati sui conti personali del Testa e Mangione e non aveva alcuna procura sugli stessi. Tale attività, al posto del sottoscritto, veniva espletata con solerzia e dovizia dalla IOTTA e dalla CURTI almeno fino al 2000 (vedasi estratto conto e documentazione acquisita nel fascicolo processuale italiano), che hanno gestito i conti individuali di Testa e Mangione numero 74510R e 78654V, nonostante fossero a conoscenza dell’origine delittuosa del denaro.
(vedasi lettera della Banca di Roma del 20 gennaio 1999 – Rapporto Giudiziario dei Carabinieri del Reparto Operativo)
2.22. ACCUSA (sentenza pag. 20 rigo 1)
- “Che quella consapevolezza dell’origine fraudolenta del denaro è sufficiente a caratterizzare il reato di occultamento poiché è acquisito in diritto positivo che la colpevolezza del ricettatore non implica la conoscenza precisa della specie di reato per mezzo del quale sono stati ottenuti gli oggetti occultati e nemmeno le circostanze precise del reato o del delitto originario o la persona a danno della quale il reato stesso sia stato commesso”.
2.22. DIFESA
Analogamente al Codice Penale Italiano, anche a Monaco, la ricettazione del denaro provento delittuoso presuppone la consapevolezza dell’origine fraudolente dello stesso. Se un soggetto deve essere condannato, deve essere accertata, pertanto, la sua conoscenza dell’origine criminale del denaro. L’aver eseguito delle disposizioni fornite da Mangione il 4 dicembre 1998 ed aver trasmesso indicazioni al CFM sulla gestione del denaro (eseguite solo in presenza del Testa e Mangione il 21 dicembre 1998), l’aver prodotto regolare fattura ed aver acquisito 59.000 franchi per la consulenza (540.000 dollari promessi dal Testa a Mangione e 400.000 dollari alla Pedretti), le false dichiarazioni della Curti per salvaguardare la propria pelle e quella della Iotta, presuppongono la NON CONSAPEVOLEZZA DEL SOTTOSCRITTO DELL’ORIGINE FRAUDOLENTA DEL DENARO. Se poi si aggiunge la gestione virtuale della somma (14 – 21 dicembre 1998) e la induzione in errore commessa dal Testa nei confronti del sottoscritto (articolo 640 C.P.), si evidenzia in maniera inequivocabile la COMPLETA INNOCENZA. 
 
3. Considerazioni documentate
 
Le prove acquisite sono tutte documentate negli atti del presente processo e facilmente consultabili perché ordinati cronologicamente.
 
3.1. Falsi, manipolazioni e convinzioni basate su supposizioni
Dall’analisi della sentenza del 9 luglio emergono varie incongruenze, conferme di varie manipolazioni di processi verbali, errori e/o sviste nonché almeno due “falsi in atti pubblici”.
3.1. a. La prima falsità è inserita nella richiesta della rogatoria internazionale inviata alle Autorità Italiane, datata 11 giugno 2001, pratica nr. H9/01 PG 2338 /00 dove il Giudice Istruttore testualmente asserisce che “IAGHER ha riconosciuto aver prestato i suoi servizi al nominato Testa”.
Tale asserzione scritta non trova riscontro in nessuna documentazione tanto che:
- nel processo verbale del 14 febbraio 2001 lo IAGHER dichiara di non conoscere assolutamente Testa Mario;
- nell’interrogatorio del 16 maggio 2001 con il Giudice Istruttore, il sottoscritto riconfermava la stessa dichiarazione del 14 febbraio;
- non vi sono altre dichiarazioni e/o verbali del sottoscritto in merito alla conoscenza di Testa.
A maggior sostegno della non conoscenza di Testa Mario, il sottoscritto può inoltre riferire che:
tutto il personale dello studio Iagher , ed in particolare Varlet Tony (interrogatorio del 12 settembre 2001), Laurent Patrice (interrogatorio del 13 settembre 2001) e Tessera Claudio (interrogatorio del 14 settembre 2001), a specifica domanda, riferivano che “non conoscevano e non avevano mai sentito nominare il predetto Mario Testa”;
all’Ispettore Van De Corput in data 27 febbraio 2001 è stata trasmessa una dichiarazione di Mangione Renato, datata 6 febbraio 2001 (in quel periodo non è conosciuto dalla Polizia Italiana quale complice di Testa) dove quest’ultimo si assume tutte le responsabilità, cosciente di non poter coinvolgere una persona assolutamente innocente ed estranea ai fatti citati;
vi sono ulteriori due dichiarazioni rese ai sensi e per gli effetti dell’articolo 391 bis e ter del Codice di Procedura Italiano, da Testa Mario (il 16 luglio 2001) e Mangione Renato (il 7 giugno 2001).
A questo punto una domanda sorge spontanea.
Quali sono gli elementi del dossier dai quali si rileva la conoscenza del sottoscritto con Testa, la certezza di una relazione e quali sono gli elementi di tale convinzione?
Perché nella sentenza si ripetono le asserzioni di cui a pagina 16 (terzo capoverso), pagina 17 (primo capoverso) e pagina 19 (secondo capoverso), dove si rileva che IAGHER conosce Testa?
L’imputata IOTTA, interrogata alla sbarra dall’Avvocato BERTOZZI, riferisce che “presupponeva” la conoscenza di IAGHER con Testa e non come asserito nella sentenza “ella conferma che IAGHER e Testa si conoscono”.
In tutta la documentazione e fascicoli dello studio Iagher, già sito in Monaco, non emerge mai il nominativo di Testa e nei verbali d’interrogatorio del procedimento penale del Tribunale di Roma non appare mai un asserto di una presunta o probabile conoscenza tra IAGHER e Testa.
Dagli atti di Polizia Giudiziaria relativi ai due interrogatori del Mangione, lo stesso dichiara (senza interessi perché si autoaccusa) che IAGHER non era a conoscenza dell’origine dolosa delle somme.
A questo punto rimane solo l’impiegata del CFM, la CURTI Nadia, che sentita a verbale in un periodo in cui il suo “capo-ufficio”, la IOTTA, era indiziata di riciclaggio di denaro, truffa ed altro, riferisce che, a distanza di tre anni, si ricorda che Mangione e Testa:
si erano presentati alla banca quali clienti dello studio Iagher;
quando telefonavano, compariva il numero dello studio suddetto.
La CURTI è stata forse spinta emotivamente a riferire quanto sopra?
- Voleva forse proteggere e scagionare il suo “capo”?
- Voleva forse confermare quanto asserito precedentemente dalla IOTTA, che poi ha ritrattato clamorosamente durante l’interrogatorio, alla sbarra, del 18 giugno 2002?
E’ possibile condannare una persona in base ad un solo testimone, emotivamente coinvolto, forse anche compartecipe della IOTTA nella ricettazione di denaro provento di truffa?
3.1. b. La seconda falsità è contenuta nel processo verbale (in atti denominato D99) datato 7 maggio 2001.
Nello stesso si dichiara che Mangione Renato era conosciuto “sfavorevolmente” dalla Polizia Italiana per una infrazione sulle armi, commessa nel 1993.
Da verifiche effettuate si appurava che:
l’Ispettore TIBERTI, in data 5 aprile 2001, richiedeva alla Polizia Italiana delle informazioni ed in particolare scriveva testualmente: “attualmente abbiamo una rogatoria per riciclaggio di denaro (elemento falso) con tre personaggi. Vogliamo avere i precedenti e sapere come sono conosciuti o collegati con la mafia: Iagher Francesco, Mangione Renato, Testa Mario (dimenticando che gli altri imputati erano invece la Iotta e Casillo). Vi ringraziamo per la collaborazione ……G.T.”
la Polizia rispondeva il 13 aprile 2001, indirizzando la lettera all’attenzione dell’Ispettore G. TIBERTI in cui veniva riferito testualmente quanto segue:
“In esito a quanto richiesto con la nota in riferimento, si comunica che allo Schedario Elettronico Nazionale (è uno schedario dove sono inserite tutte le denunce e le condanne, ben conosciuto dall’Ispettore Tiberti poiché nel 2000 era stato in visita presso la polizia italiana), ed agli atti di questa Direzione nulla emerge sul conto dei segnalati IAGHER e Testa.
Mangione Renato, sconosciuto agli atti di questa Direzione, dalla consultazione della banca dati di Polizia (il precedente schedario elettronico), annovera un unico precedente di Polizia, nel 1993, per armi.
Si rappresenta che non si è a conoscenza di successivi esiti giudiziari del suddetto precedente”
Riferiva infine la Polizia Italiana:
“Le informazioni contenute nel presente documento non possono essere, in tutto o in parte, comunicate e/o diffuse né usate in procedimenti giudiziari e/o amministrativi senza il preventivo assenso dell’Organo originatore.
In definitiva, pertanto, nel verbale anzidetto:
si commettono due falsi; quando si riferisce che Mangione Renato è conosciuto “sfavorevolmente” perché invece “è sconosciuto agli atti di questa Direzione” e quando si riferisce che “attualmente abbiamo una rogatoria” ; si commette una grave infrazione perché le informazioni contenute nel documento non potevano essere diffuse e usate senza il preventivo assenso dell’organo originatore.
Per quanto riguarda, infine, la denuncia per armi nel 1993 a carico di Mangione, si è già detto ampiamente prima.
I Certificati Penali e quello dei Carichi Pendenti presso la Procura della Repubblica di Roma, relativi a Mangione Renato, risultano veritieri quando negli stessi viene apposto “NULLA”. 
Il verbale di cui sopra (denominato D99), deve considerarsi senza effetto e quindi “nullo”, per gravi difformità sostanziali.
3.1. c. Per quanto riguarda le “manipolazioni” ed “errori sostanziali” presenti nella sentenza del 9 luglio 2002.
non è possibile sottacere su alcuni punti che, con la loro leggerezza, hanno portato il sottoscritto a subire ben 17 mesi di carcere preventivo e la condanna a 4 anni di reclusione.
A pagina 5 della sentenza si riferisce che gli inquirenti a seguito di una inchiesta nei confronti di Clemente Antonio scoprivano che lo stesso aveva utilizzato i servizi del sottoscritto per la creazione della società Yago Ltd. Tale cliente fu presentato da GROSOLI Francesco, Direttore della Banca HSBC di Monaco e non fu rilevato alcun coinvolgimento con l’inchiesta di truffa e ricettazione di assegni falsificati del predetto Clemente. Si sottolinea, inoltre, che lo stesso Clemente Antonio aveva delle relazioni autonome con la banca del Gottardo avendo dei clienti nel medesimo Istituto di Credito e non come riferito da Lanza Giuliano (vedasi D1 e D2). Lo stesso ometteva di dichiarare la relazione con la società Pace Enterprises Ltd dove erano indicati quali clienti dello studio Iagher tali Iavarone e Vortice nonché due conti correnti cifrati, “TICE” e “RONE” (vedasi D209). Dall’analisi degli atti emergeva la totale estraneità del sottoscritto essendo gli stessi gestiti da Frappi Poldini Fabio e dal procuratore Pastor Richard. Il Lanza, inoltre, non aveva la stessa solerzia a comunicare al SICCFIN il nominativo di Iavarone (vedasi D174). Veniva rilevato che lo IAGHER aveva la procura su 17 società, gestite per conto dei propri clienti, presso la Banca del Gottardo (vedasi D7). Nel citato processo verbale sono presenti “gravi errori sostanziali” tali da evidenziare la completa ed evidente incomprensione e conoscenza della normativa riguardante la gestione societaria di diritto inglese. I 17 soggetti giuridici vengono definiti ”con oggetto sociale fittizio” senza verificare preventivamente la reale consistenza economica della società (per le quali era stato fornito, a mezzo di una lettera, il dettaglio completo delle attività e delle origini dei fondi, vedasi allegato D8) e nonostante varie spiegazioni formulate (vedasi D43). Nel processo verbale denominato D7, l’attività viene definita illecita senza motivazioni probanti, tanto da far presupporre che la documentazione bancaria e quella in atti, non sia stata ne analizzata, ne letta, ma solamente riportata, senza capire effettivamente il merito. 
3.1. d. Appare estremamente importante sottolineare nel presente paragrafo le seguenti verità opportunamente ”modificate” ad arte, per creare dubbi e confusione mentale.
Infatti: Il 30 novembre 1998 è stato aperto il conto corrente della Daisy Ltd (vedasi fascicolo trasmesso in Italia nella rogatoria internazionale – D72 e dai documenti societari rimessi al CFM) e non come riferito nella sentenza, che il conto corrente Daisy è stato aperto il 2 dicembre 1998; Unico proprietario della Daisy Ltd (di diritto delle Isle of Man e non monegasca), è Mangione Renato e la stessa società è stata costituita il 6 gennaio 1998 (vedasi rogatoria e documentazioni in atti) e non , come asserito nella sentenza, il 6 dicembre 1998 (vedasi atto costitutivo). I documenti della rogatoria effettuata a Roma vengono ricevuti il 20 novembre 2001 e non il 28 novembre 2001. Gli stessi sono costituiti da ben oltre 1.300 pagine e non da 24 pagine (vedasi D269 – D270). Ciò ha limitato sostanzialmente il diritto alla difesa in ordine alla sentenza del 9 luglio 2002.
3.2.Elementi di difformità
Numerosissimi gli elementi difformi riscontrati nella sentenza in oggetto. Ripercorrendoli insieme, si noterà come alcuni atti e/o documenti non siano stati analizzati nella giusta maniera per definire meglio la reale evoluzione degli eventi che si sono verificati ed in particolare:
3.2. a. Nel verbale d’interrogatorio della Simona Pedretti, impiegata presso il Banco di Roma, la stessa dichiara di aver fatto una “preliminare prova” di trasferimento di denaro utilizzando il conto corrente intestato all’Ambasciata d’Egitto e non come citato in sentenza a pagina 12 (vedasi atti rogatoria internazionale Italiana);
3.2. b. Il World Meteorogical Organisation (W.M.O.) è un organismo delle Nazioni Unite con sede a Ginevra. Ha un conto corrente presso la Banca di Roma ed esiste effettivamente e non “inesistente o falsa impresa” come asserito a pagina 12 e 18 della sentenza (vedasi rogatoria Italiana ed atti di polizia Giudiziaria del Reparto Operativo dei Carabinieri di Roma).
3.2. c. L’11 ottobre 2000 l’Ispettore Van Den Corpus chiedeva informazioni al CFM relativamente al conto corrente della Daisy Ltd ed il 17 novembre 2000 il CFM rispondeva alla predetta richiesta dalla quale emergono degli errori:
Il conto corrente Daisy Ltd era stato aperto il 30 novembre 1998 e non il 2 dicembre 1998;
Al CFM è stato presentato solo Mangione Renato quale unico titolare della Daisy Ltd;
Il CFM non riferiva al predetto poliziotto che il 18 gennaio 1999 era stata contattata telefonicamente e successivamente il 20 gennaio con lettera dalla Banca di Roma, che aveva riferito della truffa e che voleva conoscere dove fosse attualmente il denaro sottratto (vedasi atti rogatoria Italiana e rapporto giudiziario dei Carabinieri). E’ comunque da rilevare che il predetto Ispettore Van De Corput, a seguito di delega emessa il 6 ottobre 2000 dal Giudice Istruttore RICHET Patricia, espletava le indagini relative alla rogatoria internazionale della Procura della Repubblica di Roma, giunta poco prima a Monaco. Nel trasmettere la documentazione richiesta da Roma, non verificava i documenti allo stesso consegnati dal CFM, che risultavano essere parziali, alcuni non pertinenti e non completi.
In particolare dell’analisi della documentazione acquisita a Roma (fascicolo processuale italiano): vengono trasmessi due estratti conto con il numero simile al conto della Daisy ma con lettera finale differente “B” e non “M”, con valuta dollari australiani, con nominativo “Service Operations Financieres” senza indicare l’effettivo intestatario del conto corrente; non viene trasmesso l’estratto conto semestrale del 31 dicembre 1998, intestato alla Daisy con domicilio “Cabinet Iagher”, di sicuro aiuto alla Magistratura Italiana che stava svolgendo indagini. 
Con tali omissioni il CFM causava ritardi nell’avvio delle indagini a Monaco, induceva in errore l’Ispettore di Polizia, intralciava le indagini in Italia.
3.2. d. Il 20 dicembre 2000 viene redatto un verbale (vedasi D16) dove si riferisce l’omissione del CFM relativamente alla denuncia al SICCFIN ma non viene informata l’Autorità Giudiziaria nonostante l’evento segnalato dalla Banca di Roma fosse reato penale specifico e di grave entità.
3.2. e. Nella trascrizione del verbale della CURTI (vedasi D73) appaiono delle modifiche sostanziali alle dichiarazioni, infatti la predetta impiegata del CFM riferisce che:
 “nel dicembre 1998 la IOTTA le ha chiesto di ricevere due clienti, Mangione e Testa” mentre nel verbale viene trascritto, con assoluta precisione “30 novembre 1998”. La CURTI dichiarava inoltre che i predetti Mangione e Testa chiedevano contestualmente l’apertura di conti correnti “personali” (vedasi D73). Tale dichiarazione è stata omessa e non trova riscontro con il verbale della IOTTA (vedasi D74) che ha l’ufficio adiacente a quello della CURTI, sua sottoposta, la quale ha dichiarato la completa sconoscenza della operazione Daisy. La predetta Iotta ha sottolineato che il sottoscritto ha sempre indicato quale unico titolare e proprietario il Mangione (vedasi documentazione fornita al CFM).
3.2. f. Sempre nel verbale della CURTI del 9 maggio 2001 (vedasi D73), si ritrovano numerose contraddizioni tanto che la presunta telefonata del 21 dicembre 1998 non trova fondamento considerando le disposizioni date dal sottoscritto (dal 14 al 18 dicembre 1998) di trasferire 2.160.412 dollari se il sottoscritto non avesse avuto la materiale disponibilità della somma e senza conoscere che Mangione e Testa si trovavano a Monaco proprio lo stesso giorno (il 21 dicembre 1998). Quest’ultimi iniziavano a prelevare tutta la somma, dal 21 dicembre al 29 dicembre 1998, dai loro conti correnti personali, come si è detto meglio precedentemente e come si evince dalle firme apposte nelle ricevute di prelevamento e versamento (vedasi documentazione rogatoria italiana).
3.2. g. Dalla redazione della fattura della società Daisy Ltd nei confronti del W.M.O. (organismo vero, con conto corrente e cliente della Banca di Roma), non si comprende come si doveva conoscere necessariamente l’origine delittuosa della stessa operazione (vedasi sentenza pagina 18).
3.2. h. L’emissione della fattura, in base alla espressa richiesta del Mangione, è del 1° dicembre 1998 mentre l’apertura del conto corrente risale al 30 novembre 1998 (e non il 2 dicembre 1998 come viene riferito nella sentenza). La costituzione della Daisy risale al 6 gennaio 1998 e non il 6 dicembre 1998.
3.2. i. Il 1° aprile 1999, per conto di Mangione e senza conoscere le comunicazioni tra la Banca di Roma e il CFM (relative al 18 e 20 gennaio 1999), esibendo le ricevute di prelievo per contanti su due banche monegasche (il CFM e la Compagnie Monegasque de Gestion), d’accordo con il Direttore CASILLO, veniva effettuato sul conto della EYAEL Ltd un versamento per 1.600.000 dollari tutti utilizzati per operazioni societarie, immobiliari, costituzione di garanzia presso l’HSBC, ecc..
Lanza Giuliano, meglio indicato in precedenza, ritenendo dubbiosa tale operazione, effettuava comunicazione al SICCFIN (vedasi D56).
Nel verbale si evince un profondo contrasto per la gestione della Banca tra il Direttore Casillo ed il dipendente Lanza tanto da sfociare in un diverbio e successivamente nella estromissione coattiva del CASILLO.
3.3.  Verità non citate per occultare prove e responsabilità
Nel processo verbale di sintesi redatto il 26 marzo 2001 (vedasi D24) emergono gravi omissioni di verità ed in particolare:
- Il 30 novembre 1998 è stato aperto il conto corrente della Daisy Ltd e non il 2 dicembre 1998;
- Il 4 dicembre 1998 Mangione trasmette al sottoscritto un fax contenente disposizioni per la gestione della somma indicando due conti correnti che potevano essere utilizzati (vedasi documentazione in atti);
- Dal 21 al 29 dicembre 1998 vengono effettuati dal Mangione e dal Testa numerosi versamenti sui conti a loro intestati individualmente tramite impiegato CFM;
Il 14 dicembre 1998 il sottoscritto, in base alle disposizioni del Mangione, inviava un fax al CFM per autorizzare il trasferimento, in particolare:
Il 14 dicembre 568.000 $ (eseguita il 21 dicembre 1998);
Il 15 dicembre 450.000 $ (eseguita il 22 dicembre 1998);
Il 16 dicembre 450.000 $ (eseguita il 23 dicembre 1998);
Il 17 dicembre 300.000 $ (eseguita il 28 dicembre 1998);
Il 18 dicembre 392.412 $ (eseguita il 29 dicembre 1998).
Il 21 dicembre 1998 il sottoscritto inviava lettera e fax al CFM per autorizzare il trasferimento e in particolare:
22 dicembre 75.000 $ (eseguito il 23 dicembre 1998);
23 dicembre 100.000 $ (eseguito il 23 dicembre 1998);
24 dicembre 100.000 $ (eseguito il 28 dicembre 1998);
26 dicembre 250.000 $ (eseguito il 29 dicembre 1998);
Il 21 dicembre 1998, (vedasi rogatoria Italiana ed indagini di Polizia Giudiziaria del Reparto Operativo dei Carabinieri), il Testa Mario (ideatore della truffa ed infedele Direttore della Banca di Roma) unitamente a Mangione Renato (suo vecchio amico, sin dal periodo scolastico), si portano a Montecarlo e, all’insaputa del sottoscritto, iniziano a prelevare somme dai loro conti individuali (vedasi documentazione rogatoria internazionale, fascicolo processuale italiano e firme prelievo denaro al CFM in atti); la IOTTA, responsabile dei clienti italiani, e forse anche la CURTI (sua stretta collaboratrice), verosimilmente non fanno rispettare gli ordini del sottoscritto (del 14 e 21 dicembre) all’impiegato che redige a mano i “borderau” ma rinviano tale esecuzione solo a partire dal 21 dicembre, data in cui i due malfattori italiani, Testa e Mangione, si presentano al CFM dalla IOTTA. (vedasi processo verbale CURTI, Rapporto Giudiziario Carabinieri di Roma e firme prelievo denaro presso l’Istituto di Credito monegasco). Una ulteriore prova che la Illustre Corte potrebbe acquisire in ordine alla presenza di Mangione e Testa nel Principato, durante i citati periodi, sarebbe quella di far verificare la presenza dei due soggetti presso gli alberghi di Montecarlo e zone limitrofe (ad esempio per tutto il 1998 e il 1999).
Il 24 dicembre 1998  il sottoscritto festeggia il Natale unitamente al personale del suo studio che viene successivamente messo in ferie a seguito della chiusura dell’ufficio;
Il 26 dicembre 1998  il sottoscritto, unitamente alla moglie, si reca all’estero fino al 2 gennaio 1999 (vedasi fascicolo fotografico e lettera Agenzia Viaggi in atti);
Dall’8 al 18 gennaio 1999 i malfattori Testa e Mangione proseguono il prelievo del denaro dai loro conti individuali;
Il 18 gennaio 1999 il CFM riceve il preavviso telefonico dal parte della Banca di Roma che riferisce della truffa subita ed in pari data, cosa incredibile a dirsi, sempre il CFM autorizza ugualmente il prelievo di 1.200.000 dollari a Testa Mario
(vedasi documentazione rogatoria in atti);
Il 20 gennaio 1999 il CFM riceve la lettera della Banca di Roma, preannunciata telefonicamente due giorni prima, ma nonostante ciò, incredibile per la seconda volta, il 25 gennaio 1999 il CFM effettuava una vendita di obbligazioni per 114.035 dollari, continuando la gestione del denaro proveniente da sicura truffa, comunicata ufficialmente dall’Istituto di Credito Italiano a quello Monegasco.
Per tale evento veniva rilevato l’omissione di denuncia al SICCFIN ma non all’Autorità Giudiziaria che poteva forse iniziare l’indagine subito.
Gli impiegati della banca monegasca hanno pertanto intralciato volontariamente sia le indagini in Italia, sia a Montecarlo.
(vedasi lettera Banca di Roma e rapporto giudiziario dei Carabinieri in atti) .
 
4. CONCLUSIONI
Signor Presidente, Signori Magistrati della Corte, Signor Pubblico Ministero, dopo aver ripercorso con Voi  tutta l’indagine in argomento mi domando perché sono in quest’aula, perché sono stato arrestato, perché sono stato condannato a 4 anni di reclusione in carcere.
I falsi commessi, le manipolazioni, le difformità, le verità omesse per occultare prove e responsabilità diverse, solo per confermare la validità dell’arresto effettuato e la efficienza della Polizia Giudiziaria che ha svolto le indagini sotto la guida del Giudice Istruttore inquirente nonché la sete di potere assoluto su una persona che, volontariamente e coscientemente, si arresta senza prove, solo per un recondito istinto mostruoso, ed ancora, la notorietà derivante dai mass-media che pubblicizza, anche oltre confine, la complessità dell’indagine, la solerzia e la compostezza nello svolgimento del procedimento penale, ed infine la costruzione di un teorema paradossale, edificato su una falsa realtà, ed ancora più grave, modificandola ad arte, fanno presupporre una GRAVE PERICOLOSITA’ SOCIALE dei soggetti che hanno condotto le indagine in argomento.
Signor Presidente, Signori Magistrati della Corte, confidando nella Giustizia, sono a completa disposizione per ogni eventuale chiarimento che vorrete chiedermi.
Ringrazio tutti per l’attenzione che è stata prestata.
Dottor IAGHER Francesco